Il digitale e l’esplosione dei Social Media hanno imposto dei cambiamenti significativi alle tradizionali strategie di comunicazione. La cosiddetta “società dell’informazione” è oggi culturalmente pronta a nuove forme comunicative e per questo motivo sempre più bersagliata da messaggi promozionali digitali.
L’evoluzione broadcast dei media digitali, come ad esempio Facebook Live, Instagram Live e a brevissimo Linkedin Live, sta propiziando una prolifica attività di produzione video che si accompagna alle più consuete riproduzioni fotografiche e alle altre attività redazionali.
La Digital Transformation si dimostra dirompente con Virtual Reality, Artificial Intelligence e Internet of Things che suggeriscono ed interpretano approcci e linguaggi completamente nuovi.
In questo scenario il settore della Corporate Communication diventa fondamentale per definire gli esiti di questi cambiamenti, suggerendo percorsi da intraprendere ed anticipando scenari futuri.
Quando parliamo di Corporate Communication, sono differenti e molteplici le divisioni aziendali che teniamo in considerazione, ognuna con funzioni uniche e ben definite. Human Resource, recruiting, marketing digitale e social media, comunicazione interna, brand positioning e brand loyalty, non possono essere isolate né esonerate dai processi che si è soliti definire come “communication transformation”.
Se il 2018 è stato l’anno della post-verità, il 2019 è senz’altro da considerarsi l’anno dei “valori”, del “purpose” e del cosiddetto approccio “Human to Human”. Mai prima d’ora la costruzione di senso e di “con-senso” ha avuto una traiettoria così articolata.
Il cambiamento in atto è paradigmatico – e non parliamo certo di un hype del momento. Le aziende stanno progressivamente diventando delle Media Company ed attraverso il brand journalism stanno investendo sui propri touch-point digitali per valorizzare costantemente le loro iniziative interne ed esterne.
In questo scenario in continua evoluzione è l’autenticità dei valori di marca a farsi “performance”, sono le componenti umane che si celano dietro un grande brand a generare il reale valore distintivo. Le nuove modalità di racconto (storytelling) e i nuovi linguaggi impongono così la presenza di nuove figure professionali ibride ed orizzontali, capaci di spaziare senza difficoltà tra marketing e giornalismo, tra persuasione e informazione, tra progresso umano e progresso tecnologico.
Ma quali sono le figure professionali che intervengono in questo cambiamento?
In questo scenario emerge una nuova figura professionale, il Brand Journalist, che per semplicità possiamo chiamare Direttore Editoriale, mutuando senza troppi mezzi termini le parole tipiche del giornalismo tradizionale. Il Brand Journalist è una figura che oltre ad avere prontezza delle dinamiche editoriali, deve necessariamente avere un imprinting umanistico che ha a che fare con le scienze sociali – umanistiche appunto – e che sia molto sensibile nell’osservazione dei cambiamenti della cosiddetta società dell’informazione. È cruciale per un Brand Journalist conoscere i “fondamentali del marketing digitale”, degli indicatori di performance ad esso collegati, e soprattutto delle strategie di engagement e di analisi dei dati.
Il Brand Journalist coordina e pianifica le attività di comunicazione sia verso il mondo esterno che quello interno all’azienda. È collocato all’interno della divisione “Corporate Communication” a stretto contatto con chi si occupa di relazioni esterne, rapporti istituzionali, human resource, recruiting, marketing digitale e comunicazione interna. Il suo ruolo consiste nell’applicare le tecniche giornalistiche ad ogni iniziativa, evento e progetto speciale dell’azienda, potenziali opportunità per trasferire i valori di marca e generare un ritorno di visibilità verso le attività del Brand.
Questo nuovo ruolo ibrido e di vertice collabora con altri professionisti che possono essere sia interni all’azienda che freelance esterni. Affinché una strategia di brand journalism può considerarsi efficace è infatti necessario avere a propria disposizione figure professionali specializzate in videoproduzione, fotoreportage, public speaking e web editor.
Queste figure che all’apparenza sembrano sempre esistite, per poter interpretare al meglio le numerose esigenze dettate dalla comunicazione digitale contemporanea, devono essere caratterizzate da una multidisciplinarità ed essere multitasking. Un fotografo, ad esempio, deve saper pubblicare sui social media una foto secondo la grammatica più appropriata del social network utilizzato, oppure saper impaginare un blog post in WordPress. Un conduttore può all’occorrenza occuparsi anche di Live Tweeting, un videoeditor deve sapersi cimentare videoriprese, montaggio video e scatti fotografici.
Questa ibridazione di competenze, unita alla velocità di esecuzione, rappresenta senza dubbio il nuovo terreno sul quale devono essere costruiti i reparti comunicazione delle grandi aziende, costantemente impegnate a promuovere i valori delle loro iniziative, i processi e gli approcci con i quali erogano beni e servizi sul mercato.
Brand Journalism Value Chain: una nuova catena del valore
La creazione di contenuti di valore è sempre stata centrale all’interno di una strategia di marketing e comunicazione; ma qual è il reale valore aggiunto che può conferire il Brand Journalism?
Facendo Brand Journalism, un’azienda decide di adottare una strategia comunicativa di lungo periodo, posizionando la creazione dei contenuti al centro delle proprie attività promozionali.
I contenuti vengono tutti veicolati sui media proprietari dell’azienda, trasformando in questo modo il Brand in vero e proprio editore che articola palinsesti e reagisce come una testata giornalistica alle notizie.
Capacità di scrittura, videoproduzione, reportage fotografici, web series legate ai valori di marca, analisi ed inserimento nei trend topic legati alla cronaca, vengono veicolati all’interno di magazine aziendali, blog proprietari, canali Youtube, fino alla pubblicazione sui profili ufficiali del Brand su social media come Facebook, Linkedin, Instagram e Twitter.
Si va delineando in questo modo una nuova catena del valore che suggerisce investimenti significativi nella ricerca di nuove figure professionali e attività di content creation che impattano direttamente sul business aziendale.
Sono diverse le aziende italiane ed internazionali che hanno adottato strategie di Corporate Journalism, e nell’anno dell’esplosione dei contenuti video sono sempre più numerose le realtà che sviluppano maggiore sensibilità in questa direzione.
Godere di un team designato a fare Brand Journalism, abile quindi nello studio di strategie mirate e nell’utilizzo di linguaggi e strumentazioni moderne, consente ad un’azienda di beneficiare tra le altre cose di un enorme impatto reputazionale, utile per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di Brand Positioning, Brand Awareness e Brand Loyalty, e soddisfare le esigenze sempre crescenti di clienti, partner e consumatori.
D’altro canto il Brand Journalism determina anche obiettivi quantitativi, misurabili grazie ai principali indicatori di performance digitali. La misurazione di accessi al Blog o ad un Magazine, il conteggio del numero di utenti unici, dei tempi medi di sessione, di follower/fan, views/reach, like/commenti, consente analisi mirate e funzionali alle strategie di posizionamento del Brand.
I punti analizzati nel nostro articolo dimostrano come il brand journalism sia una sfida che una “società matura dell’informazione” deve essere pronta ad affrontare. Il mondo della comunicazione muta in maniera sempre più rapida, rispondere ai cambiamenti con reattività è l’unica via percorribile per un’azienda che ambisce al successo. Ne siamo certi.