Noi “camminiamo” sul Coronavirus

Il Ponte di Galata a Istanbul, in Turchia, unisce la “parte nuova” della città con “la parte vecchia”. È in quel punto, su quel ponte, che oriente e occidente si incontrano, si abbracciano, si parlano. Quel ponte ci racconta una storia. E Istanbul non sarebbe così bella com’è senza quel contrasto deciso, preciso, tra “vecchio” e “nuovo”. Questi giorni di pandemia di coronavirus ci hanno fatto pensare a Istanbul. A quel ponte, adesso ci siamo proprio sopra, lo stiamo attraversando. Perché per noi, ma proprio tutti, ci sarà un prima e un dopo. Un prima del coronavirus e un dopo coronavirus.

I ponti sono un’invenzione straordinaria. C’è quello di Brooklyn, maestoso ed elegante, uno dei più lunghi del mondo. O il Tower Bridge, a Londra, costruito nel XIX secolo perché, con l’aumento degli scambi commerciali, si ritenne necessario creare un nuovo passaggio sul Tamigi che non interferisse, però, col flusso delle navi. Insomma di ponti – per fortuna – è pieno il mondo. 

Anche noi adesso stiamo attraversando tutti insieme un ponte. Inutile dire che il coronavirus ci ha travolto la vita e alla fine di tutto (perché prima o poi la fine della pandemia arriva), noi non saremo le stesse persone di qualche mese fa. Dicono che la socialità, lo strumento più prezioso che abbiamo per “vivere la vita”, sia stata messa in stand by. Noi, invece, diciamo che una community rimane una community, anche se a distanza. Un’azienda rimane un’azienda, anche se in smart working.

Noi di Social Reporters, che viviamo di socialità, ci siamo sentiti un po’ smarriti. Senza eventi, il nostro pane quotidiano, ci è sembrato che venisse a mancare il nostro raggio d’azione principale. E invece, anche per noi, non è così. 

Perché il bisogno di raccontarsi non lo azzera un virus, anzi semmai lo amplifica. E quindi siamo stati pronti fin dal giorno zero, in questo “viaggio strano”, a ricercare strumenti nuovi, che ci aiutino a raccontare meglio, a raccontarci meglio, anche se a distanza. 

Stiamo camminando sul ponte. Ecco questo è il punto. Non siamo fermi, ma stiamo camminando. E ci muoviamo da una parte all’altra. Ci spostiamo da prima verso il dopo. Questi sono giorni difficili, ma non inutili. Quando passerà dovremmo ricordarcene. E avere vivo il ricordo del nostro sforzo, del camminare tra “prima del coronavirus” verso il “dopo il coronavirus”.

Questo ponte che abbiamo costruito, e che stiamo ancora costruendo, è importante per tenerci strette le nuove cose imparate in questi giorni duri, le nuove competenze che abbiamo messo a punto, i nuovi strumenti che ci hanno aiutato a comunicare.

E si sa che comunicare significa essere meno soli. Dobbiamo farlo affinché nessuno degli sforzi che stiamo facendo sia vano alla fine del percorso.

WALK ON THE BRIDGE